La speranza è un sentimento che appartiene alla natura dell’uomo forse dai suoi primordi. Tuttavia, per parlarne in modo concreto è necessario viscerarne i significati e coglierne le sue origini.
Il punto cardine del discorso ruota attorno alla dimensione temporale. L’essere umano è l’unica creatura vivente che ha la coscienza dello scorrere del tempo, in virtù delle esperienze sensoriali che egli possiede. Esse gli consentono di cogliere le mutazioni della natura circostante. Fondamentale è la vista ad essere legata al fattore spazio/tempo.
Le tre dimensioni temporali a cui l’uomo affida la sua percezione dello scorrere dell’esistenza legandole poi a significati di ordine psicologico sono: passato, presente e futuro. Tutte e tre sono costituite da elementi fattuali, i loro significati e le emozioni che li illuminano. Vediamoli.
Il passato dal punto di vista fattuale non può essere cambiato. I fatti costituiscono il bagaglio storico di una porzione di esistenza che è ormai passata; il presente per sua natura è effimero, è una esperienza istantanea che subito dopo entra a far parte di ciò che è stato e non è più; il futuro non esiste in quanto proiezione psicologica di un qualcosa che può essere solo immaginato (desiderato).
La speranza in quanto sentimento umano ha il suo principale riferimento nella dimensione fattuale del futuro. Nel suo divenire con i suoi contenuti, positivi o negativi ha una sua ragione forte di essere soprattutto per le profonde aspettative.
Va detto però che, a fronte di un qualunque connotato qualitativo. la speranza che qualche cosa possa cambiare deve necessariamente passare dal presente. In un preciso ed irripetibile istante si può sperimentare che quanto auspicato si stia avverando o meno, porta con sé o delusione o consolida la speranza.
Definisco “orizzontale” questa visione del significato di “speranza”. Essa abbandona l’umanità in balia di eventi che possono essere controllati solo parzialmente. Il futuro non è ciò che noi pensiamo, ma ciò che accade. I movimenti “alloplastici” (possibilità di cambiare l’ambiente) e “autoplastici” dell‘uomo (capacità di adattamento) alla fine hanno dei limiti oggettivi. L’imponderabile è sempre in agguato, e rendendo sentimento della speranza molto fragile fino a diventare un’illusione.
Esiste un altro livello di speranza che vede l’uomo, pur nella sua fragilità, capace di collocarsi nel mondo diversamente resiliente e nonostante sia sballottato dagli eventi potrà essere in grado di rispondere ad un una diversa prospettiva di futuro? Ma cosa vuol dire “futuro”?
Lo scorrere dell’esistenza è una serie continua di passaggi che dalla nascita porta alla morte. La parcellizzazione della dimensione tempo è un artificio creato dall’uomo. A mio avviso esistono solo due dimensioni: l’Infinito e l’Eternità. Tutte le singole esistenze si incastonano indelebilmente in questo continuum che appartiene al mistero della Creazione. L’approccio fenomenologico offre uno sguardo in grado di illuminare la scena del fattuale armonizzandola con le tre dimensioni temporali: ciò che accade oggi è diverso da ciò che è accaduto ieri e ciò che accadrà domani diverso da quello che è accaduto oggi.
La risposta che cerco e penso di avere trovato, deriva da una forte consapevolezza che l’essere umano è una creatura e non è il Creatore. La sua collocazione nell’universo, se fondata su questo assunto, automaticamente si sgancia dalla tirannia della fattualità (visione materialista) e si proietta verso il perché dell’esistenza, anche personale, in cui la risposta si può trovare solo nella dimensione verticale della speranza. Non è accettabile che sia il bello o il brutto a determinare la qualità della nostra vita, bensì il significato che il bello e il brutto possono assumere in un certo momento della nostra storia. Quindi il focus non è nei fatti ma nella loro interpretazione.
Ogni credente sa che la Speranza, è una delle Virtù Teologali. Qualcuno la considera la più piccola. Forse perché la commistione con la speranza squisitamente umana è troppo forte. Così recita il catechismo della Chiesa Cattolica al n.1818:
La virtù della speranza risponde all’aspirazione alla felicità, che Dio ha posto nel cuore di ogni uomo; essa assume le attese che ispirano le attività degli uomini; le purifica per ordinarle al regno dei cieli; salvaguarda dallo scoraggiamento; sostiene in tutti i momenti di abbandono; dilata il cuore nell’attesa della beatitudine eterna. Lo slancio della speranza preserva dall’egoismo e conduce alla gioia della carità.
Poiché non voglio imporre al non credente questo tipo di approccio mi fermo a quelli che sono i più forti e diffusi quesiti dal punto di vista esistenziale. Spesso il senso spirituale della speranza collide con tutte le brutture di questo tempo che sembrano confliggere con le aspirazioni dell’uomo. Eppure, questo senso di abbandono ad una prospettiva sempre migliore non è mera passività, bensì la certezza che qualche cosa cambierà, e aggiungo “se cambierà anche il nostro cuore”.
In una trasmissione sentii grandi esperti di finanza che, a fronte al terremoto economico mondiale, parlando agli investitori affermavano con il sorriso sulle labbra parlando: “La crisi finirà ne possiamo essere certi!”. Questa affermazione certamente avrà rasserenato milioni di persone. Tuttavia, è lecito chiedersi: “Se questa profezia non dovesse avverarsi”? Come ho detto più sopra, con tutta probabilità assisteremo al dilagare della disperazione (contrario di speranza).
In quest’ultima accezione di speranza si intravede una positività intrinseca, non nel cambiamento dei fatti, ma nei significati che quei fatti produrranno nella vita. Nel riadattamento delle aspirazioni in ordine alla realizzabilità dei desideri. Quanti imprenditori si sono suicidati perché dopo un tracollo finanziario non sono stati in grado di sostenere una rivisitazione dello stile di vita, per esempio dall’opulenza alla semplicità.
Il minimo contrattuale di fronte ad eventi che richiedono di ripensare il futuro è almeno credere in sé stessi, nella forza d’animo, nel rimboccarsi le maniche e contare su ciò che è più importante: la coesione e i sentimenti delle persone che sono intorno e che ci vogliono bene.
Anni fa, quando ero impegnato nella pastorale di Rom, un giorno andai a trovare una famiglia in un campo, Viveva in una roulotte fatiscente e veramente misera come le persone che la componevano. Quando arrivai chiesi a Fuad, per buona educazione: “Come stai?”. E lui sorridendo mi rispose: “Ho il cielo sopra di me e la terra sotto i miei piedi cosa mi può mancare?”. Forse questo è il nucleo antropologico della speranza cristiana…..tutto il resto è storia! Ancora Auguri di una Santa Pasqua!