Premessa fondamentale: l’uomo è libero di fronte alle proprie azioni, ne è responsabile e ne dovrà rendere conto. Dall’uomo di fede profonda al non credente, per ragioni diverse e per conclusioni altrettanto dissimili, tutti sono concordi con questa affermazione.
Il primo, l’uomo di fede, vede nella facoltà di essere attore nella propria vita e co-attore di quella più ampia che lo coinvolge nella storia dell’umanità intera, un segno dell’amore, della prodigalità e della benevolenza di Dio.
Il secondo, nella sua arroganza e presunzione, afferma l’autosufficienza, di chi centra tutto su sé stesso.
Da una parte osserviamo la riverente esperienza della creaturalità, dall’altra la superba e delirante onnipotenza di chi si arroga il ruolo di creatore. Due punti di partenza diversi, due punti di arrivo inevitabilmente discordanti.
Tuttavia, quello che rende concordi uomini e donne di fede, è l’esaltante esperienza di essere creature, coscienti dei propri limiti, ma chiamate ad impensabili privilegi.
Ecco come recita il Catechismo della Chiesa Cattolica:
“Dio ha creato l’uomo ragionevole conferendogli la dignità di una persona dotata dell’iniziativa e della padronanza dei suoi atti. <<Dio volle, infatti, lasciare l’uomo “in mano al suo consiglio” (Sir 15,14), così che esso cerchi spontaneamente il suo Creatore e giunga liberamente, con l’adesione a lui, alla piena e beata perfezione>>.” (Gaudium et spes, 17).
Dio è Amore! Dio è l’Amore! L’esperienza dell’amore umano è solo una piccolissima porzione del suo Amore. Pertanto, l’amore, qualunque esso sia, non può che seguire le leggi della gratuità, della reciprocità e della libertà.
Non vi può essere certezza di un amore profondo e vero se non è vissuto nella libertà per suffragarne il sincero sgorgare dal cuore.
Per questo Dio Padre non poteva rendere monca la sua creatura di questa possibilità e non poteva perdere l’opportunità di verificare l’autenticità di questo amore. Egli, il Creatore, che ama la sua creatura sopra ogni cosa, doveva rischiare!
Libertà di amare, ma anche libertà di agire. Fare di ogni atto un canto di lode o soggiacere alla tentazione della superbia e dell’autosufficienza. Come reagiranno i suoi figli? Come si comporteranno di fronte alle seduzioni del mondo? Come reagiranno di fronte ai loro limiti?
Libertà! Un termine abusato, una parola ricercata ed invocata da più parti. Per la libertà si muore e per la libertà si uccide. Ma per il cristiano cos’è la libertà?
“La libertà è il potere, radicato nella ragione e nella volontà, di agire o di non agire, di fare questo o quello, di porre così da se stessi azioni deliberate. Grazie al libero arbitrio ciascuno dispone di se. La libertà è nell’uomo una forza di crescita e di maturazione nella verità e nella bontà. La libertà raggiunge la sua perfezione quando è ordinata a Dio, nostra beatitudine”. (CCC, 1731)
La libertà è un potere! Un potere prettamente umano, che non genera alcun conflitto con Colui che lo ha consentito, perché nella sua intelligenza espressiva di questo potere l’uomo può dichiarare e cantare l’amore per il suo Dio.
Ma di quale potere umano si tratta? Nell’ottica umana può essere o “potere di fare” (realizzare un progetto) o “potere sugli altri” (prevaricazione). Nella fascinazione del potere umano prevale il secondo: la supremazia sul suo simile, fisica, economica, politica.
Il Padre Celeste però vuole figli che lo sappiano gestire con la maturità dei figli adulti. Quale maturità?
Maturità umana e maturità spirituale, non vi è la seconda se non vi è la prima. “Maturità nella bontà e nella verità”, la bontà del cuore che va oltre le leggi dello psichico visto che l’Io oggi si sostituisce a Dio e non conosce la vera bontà. L’Io conosce solo le leggi dell’economia, di ciò che è narcisisticamente utile per sé.
Allo stesso modo la verità. Di quale verità è capace l’uomo, che in tutta la sua esistenza è posto al confronto con illusioni di vario genere se non a menzogne?
Ma c’è una verità che non può essere misconosciuta da nessuno, neanche da quelli che si sono costruiti una teologia materialista, per potere spiegare l’origine del mondo: esiste un Creatore dell’universo e dell’uomo, di tutte le cose visibili ed invisibili.
Ogni altra verità, scientifica o filosofica, assume dignità e valore per la porzione di conoscenza che riassume, e per la deferenza e la riconoscenza di essere parte dell’intera opera creatrice.
L’uomo di scienza si trova di fronte al bivio etico per eccellenza: o entra nel mistero del Creato e lo svela per cantare le lodi del Creatore, oppure ne svela i misteri per appropriarsene rieditando il peccato di superbia.
L’uomo moderno ha acquisito tanta e tale conoscenza che è in grado concretamente di entrare nel mistero della vita e stravolgerlo: ingegneria genetica, bioingegnerie, gestione della fertilità umana.
La psicologia come scienza e come capacità, ci dice, più che mai oggi, che la riflessione profonda deve essere il perno di ogni scelta e decisione umana. Le moratorie invocate da parti diverse, hanno come obiettivo, non “oscurare” la conoscenza come dicono gli stolti “maestri di menzogna”, ma solo usare bene la libertà per garantire all’umanità affinché le scelte siano le più sagge e dirette unicamente al bene comune dell’intera umanità.
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