IL POTERE DELL’ECONOMIA

da | Set 13, 2014 | ATTUALITÀ, SOCIOLOGIA

IL POTERE DELL’ECONOMIA

da | Set 13, 2014 | ATTUALITÀ, SOCIOLOGIA

IL POTERE DELL’ECONOMIA, FRA CORRUZIONE E FINANZA ETICA

Da www.libera.it

Economia criminale, economia legale e finanza etica. Di questo e molto altro si è parlato, durante la quarta giornata di formazione al raduno dei giovani di Libera, in corso a Marsala sino al 29 luglio. In compagnia di Alberto Vannucci, professore dell’Università di Pisa ed esperto di corruzione, Leonardo Ferrante, coordinatore scientifico della campagna anticorruzione “Riparte il futuro”, Cristina Pulvirenti, del consiglio di amministrazione di Banca Etica, Antonio Tricarico (Re-Common). Con loro si è parlato di paradisi fiscali, legge anticorruzione, tangenti. Ma anche della reazione della società civile, del distacco da una classe politica fortemente permeata dalla corruzione, da un sistema economico che ha mostrato numerose falle e che stenta a riformarsi dall’interno.


“I paradisi fiscali – spiega Antonio Tricarico di Re-Common – non sono solo il luogo del riciclaggio di denaro ma spesso anche quello in cui si fanno transitare tangenti che servono per muovere e facilitare grandi appalti, opere pubbliche o investimenti fra privati. Il sistema di tassazione internazionale, spiegano gli osservatori dell’Ocsce, è vecchio e inadeguato. Questo non aiuta percorsi virtuosi, sebbene proprio in questo periodo l’Europa abbia iniziato a muovere i primi passi nella direzione della trasparenza, attraverso liste “pulite”, monitoraggi e altri strumenti concreti contro corruzione, riciclaggio e evasione fiscale.  Come fermare questo continuo drenaggio di risorse sottratte ai cittadini da parte della politica?
Leonardo Ferrante, curatore della campagna “Riparte il futuro” chiama in causa la responsabilità individuale e collettiva della società civile. I percorsi possibili, come quello messo in atto dal gennaio scorso, per non rimanere in silenzio. “In questo reato sono coinvolti tre protagonisti – sottolinea – il corruttore, il corrotto e chi rimane in silenzio. Noi dobbiamo smettere di giocare questo ruolo passivo e cominciare a interpretarne con continuità uno attivo”. Una campagna, quella di “Riparte il futuro” che ha trovato le sue radici di analisi nel lavoro del professore dell’Università di Pisa, Alberto Vannucci, che oggi ha aiutato i ragazzi del raduno a ragionare su origini, cause, numeri e storie della corruzione nel nostro Paese. In particolare, ha ricordato “Lo scenario emerso negli anni di Tangentopoli non aveva precedenti rispetto alla storia dei Paesi democratici occidentali. Da quel momento di forte denuncia pubblica le cose non sono molto cambiate. Per certi versi, sono anche peggiorate”. Quello della corruzione, spiega Vannucci, è diventato un reato difficile da perseguire penalmente, il nostro codice non è attualmente in grado di cogliere la complessità che oggi caratterizza l’esercizio continuo della corruzione, fra privati ma anche nel pubblico. I paesi che hanno questo grado di corruzione, infine, sono gli stessi che hanno poca libertà di stampa e investono basse risorse in politiche sociali e d’istruzione. Un cancro, quello della corruzione, che compromette la vita intera di una comunità e di un Paese.
Ma alcuni percorsi virtuosi, nonostante tutto, in questi anni, sono cresciuti. A parlarne al raduno, Cristina Pulvirenti, del consiglio d’amministrazione di Banca Etica. “Spero un giorno – dichiara la Pulvirenti – non ci sia più bisogno di definire “etica” una banca poichè tutte lo saranno. Al momento, questa banca è soprattutto l’occasione di una scelta di responsabilità: il valore di ciò che viene fatto, da noi, lo scelgono direttamente i nostri clienti. Sostengono Banca Etica tante associazioni no – profit e anche molti cittadini”. Esiste, dunque, attraverso la partecipazione attiva la possibilità di mettere in moto percorsi di cambiamento anche nel mondo dell’economia e della finanza. E la via obbligata è far sentire la propria voce, non lasciare  – spiegano i relatori – che le decisioni importanti che condizionano le nostre vite vengano prese senza dire la nostra e/o proporre percorsi alternativi collettivi.