LA CREPA NEL MURO E LA PAURA DI INVECCHIARE

da | Ott 20, 2025 | BLOG

LA CREPA NEL MURO E LA PAURA DI INVECCHIARE

da | Ott 20, 2025 | BLOG

 

Nei tempi moderni stiamo assistendo ad un sensibile cambiamento di alcuni paradigmi esistenziali che, possiamo dire con sufficiente certezza, hanno accompagnato l’intera umanità. Alcuni di questi riguardano il tema della sofferenza, malattia e della morte a cui si sta aggiungendo la difficoltà dell’inesorabile scorrere del tempo.

I primi rappresentano, fin dalla creazione, un mistero legato alla caducità di tutte le creature, tra cui anche l’uomo, la cui vita è scandita dall’ineluttabilità del nascere e del morire. Il mondo animale, che non ha la consapevolezza del proprio essere e divenire, subisce questo dato di fatto sia che riguardi se stessi che i membri appartenenti alla stessa specie o genere.

Per quanto riguarda l’essere umano, nei tempi odierni, dobbiamo sottolineare il paradosso in cui, nonostante l’ossessivo attaccamento alla vita, le persone si espongono tragicamente alla malattia autogenerata e alla morte frutto di comportamenti scellerati o addirittura criminali.

Se per quanto riguarda la relazione dell’uomo moderno con il mistero della malattia e della morte continua e continuerà ad essere un punto di domanda e di riflessione, lo scorrere del tempo pur non avendo la stessa drammaticità attira l’attenzione di tutti, qualunque sia la loro l’età. Tra l’altro, fatto particolare, il disagio generato dalla non accettazione dell’invecchiare, coglie milioni e milioni di persone anche in buona salute. È l’ipervalutazione dei valori estetici (di cui il mondo moderno è schiavo), e della prestanza fisica, ad imporsi generando subdolamente disagio, se non addirittura vera e propria sofferenza.

Entriamo ora nel focus nell’argomento che ci sta cuore. La sollecitazione a trattare questo argomento, che comunque rientra nelle mie competenze di psicoterapeuta, mi è arrivata in modo del tutto fortuito. Una mattina stavo camminando sulla stradina che dalla piazza della Chiesa porta all’Oratorio del mio paese di origine, quando la mia attenzione è stata attratta da una vistosa screpolatura dell’intonaco del muro di una casa ormai diroccata che metteva in vista vecchi mattoni rossi e pietre del Po, tipici delle costruzioni rurali nel Monferrato di metà dell’Ottocento. Lo stato di abbandono durava da molti anni, ma solo recentemente attirava l’attenzione, dopo che il tetto era crollato. In ogni caso non mi aveva mai spinto a soffermarmi per contemplare i particolari di questa fatiscenza.

Quel giorno lo sguardo di insieme della casa, di quel muro, unitamente al mondo dei ricordi della mia infanzia mi ha posto davanti a un déjà-vu costringendomi a prendere atto che il tempo stava scorrendo inesorabilmente anche per me, visto che ero entrato in quella che viene definita da tutti la terza età. Cosa ancora più straordinaria fu che, contemplando quell’icona del tempo, non avevo nessuna sensazione negativa, non vi era alcuna proiezione sul mio stato d’animo se non una forte emozione. Stavo ritto davanti a quel muro come se fosse la tela di un ideale cinematografo su cui potevo proiettare ampi stralci della mia vita, soprattutto quelli della mia infanzia e gioventù. Normalmente, invece i ricordi del passato, soprattutto se spiacevoli, vengono accuratamente evitati o dimenticati evitati per non incappare nella sofferenza o in una comprensibile nostalgia.

Così non fu per me in quel frangente! Lo scorrere dei ricordi è stato come aprire un forziere in cui si celava un tesoro prezioso, custodito dentro di me e protetto dall’usura del tempo. Infatti, come tutte le cose del passato, belle o brutte che siano, nulla viene più cancellato diventando memoria perenne per chi le custodisce e per chi le accoglierà come eredità.

Quanto sto condividendo, lo devo ammettere, è completamente contro corrente rispetto al vissuto di tantissimi. Vorrei, perciò, sollecitare coloro che leggeranno questo blog, a rivedere con uno sguardo nuovo il rapporto con il tempo conferendo a quei segni che ne sono la testimonianza, un altro significato.

Ecco il vero problema, che non ha a che fare con la malattia e con la morte, ma con la paura (o il terrore?) d’invecchiare.  Come le crepe di quel muro ogni ruga del viso diventa il pentagramma di una musica di una ricchezza inaudita, dove ogni nota è una porzione di vita nei fatti e nelle emozioni. Allo stesso modo in un volto ora rugoso sono iscritte in maniera indelebile storie e sentimenti forti: dolore, fatica, ma anche amore, fecondità. Spesso sono i fotografi, con la loro arte a cogliere il retroscena di quella che sembra essere una realtà ormai decadente, conferendo colore e vivacità, costringendo l’osservatore ad immedesimarsi al personaggio con realistico e attuale struggimento.

Un seno decadente per avere accolto e vissuto pienamente il grande dono della maternità, le gambe malferme le braccia deboli per avere tanto camminato e lavorato per sostenere la famiglia e per dare un futuro ai figli. Tutti segni visibili e indelebili di storie individuali, e ormai eterne, che la nostra società estetica ed edonistica rifiuta categoricamente consegnandosi ad un futuro inesorabilmente crepuscolare.

Per concludere, seguendo questa linea di pensiero, vi invito a restituire alla vita il suo naturale continuum in cui la parcellizzazione è un artifizio dovuto ai limiti dell’imperfezione umana e del suo rapporto con la materia finita e infinita del creato. Personalmente ho una certezza che ogni porzione di una vita, compresa quella umana, aldilà di un qualunque credo religioso, pur nel suo apparire legato ad un limite temporale rimane per sempre una perla incastonata nell’eternità. Ancora di più nell’essere umano in cui la dimensione affettiva e spirituale fa del cuore uno scrigno immenso nel quale tutto ciò che nella vita ha incrociato significati profondi, tra cui il più elevato è “l’amore”, sarà perennemente custodito e….tramandato ai posteri.

 

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