NEO BARBARIE, I molteplici volti della vigliaccheria

da | Mag 29, 2025 | BLOG

NEO BARBARIE, I molteplici volti della vigliaccheria

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Il mito dell’eroe ha accompagnato la storia dell’uomo da almeno due millenni, basti citare vedi Omero e Virgilio tra i cantori più conosciuti. I volti dell’eroe, trasversali a chi voleva tracciarne l’identikit, non sono moltissimi ma per lo più riguardano l’ideale della forza e del coraggio, cui si aggiungono l’onestà, la stoicità nella sofferenza, la disponibilità al sacrificio per un ideale, il sostegno al più ebole. ecc. ecc.

Con il passare dei secoli alla forza fisica, espressa in scontri diretti, è andata sostituendosi quella strumentale, frutto dell’ingegneria applicata alla guerra. Con il progressivo aumento della distanza tra i contendenti, inevitabilmente si andava riducendo l’espressione del valore, dell’impeto e del coraggio.

Con l’ingegneria militare la distanza tra gli eserciti si è amplificata a tal punto da far venire meno la necessità di eroi, bensì di tecnici. All’eroismo si è sostituita la perizia tecnologica.

Forse ai fini di una guerra convenzionale lo scontro tra l’evoluzione di tecnologie militari dei contendenti ha reso paritaria la probabilità di successi e insuccessi, in termini di conquiste e di danni. Ma al giorno d’oggi, epoca in cui ci sono guerre convenzionali e conflitti, che impropriamente sono chiamati guerre, come è cambiato l’agire militare? Il primo cambiamento è che alla logica della guerra si è sostituita l’ideologia della guerra. Entriamo allora nel vivo della questione.

Senza andare troppo lontano nel tempo abbiamo due esemplificazioni emblematiche: la “guerra” Russia-Ucraina e il “conflitto” Israele -Hamas.

Nel primo caso si tratta di una vera e propria guerra che si svolge tra due eserciti. Per cui gli esiti della stessa dipendono strettamente dalle rispettive forze militari messe in campo. Nello scenario bellico odierno vediamo che lo scontro è fondamentalmente centrato su attacchi da remoto con missili e con droni.

Nel secondo caso un esercito (uno dei più potenti del mondo quello israeliano) si scontra con una “forza combattente” immensamente più debole (la cui arma principale è l’invisibilità) che non può assolutamente definirsi un esercito. Quindi non si può chiamare guerra.

In una retrospettiva storica del conflitto israelo-palestinese non mancano episodi di mutui gesti atrocità. La logica del “mors tua, vita mea”, che è il costitutivo principale della “vis bellica” dello scontro diretto tra soldati, fa parte delle regole del gioco, ma nel momento in cui di fronte c’è il disarmato, l’innocuo, il debole da cui non ci si può attendere nessun pericolo per la propria incolumità che dire? Non si scappa, sono due le parole che identificano questi comportamenti: ferocia e vigliaccheria.

Nei due conflitti al centro la mia analisi, in maniera diversa, non manca né in uno e nè nell’altro. Ma nello scenario mediorientale nell’IDF si sta manifestando una sorta di ipermetropia del pericolo che amplifica i fantasmi del nemico inducendo alla spietatezza quale soluzione veloce e definitiva, anche se si tratta di una donna o di un bambino inermi.

Posso permettermi la severità che seguirà nel discorso in quanto attinge alla mia storia di una vita militare sufficientemente lunga che si è conclusa con l’approssimarsi della mia ordinazione diaconale. Il mio servizio si è svolto prevalentemente in tempo di pace alla luce però due principi affidataci dai nostri comandanti: “Amare la pace e prepararsi alla guerra”; “Combattere il nemico della patria con coraggio e con onore”. Il nemico veniva identificato da una divisa e una bandiera diversa, tuttavia qualcosa ci accomunava: anche lui era un soldato.

Ciò che sta avvenendo a Gaza, Cisgiordania e in Ucraina è, senza ombra di dubbio, e in maniera diversa, l’apoteosi della vigliaccheria. Bombardare ospedali, abitazioni, scuole, campi profughi con una potenza che solo noi addetti ai lavori conosciamo non ha alcuna giustificazione se non quella che ci dice che, protetta da una divisa, si nasconde un’anima vigliacca e senza onore.

Le bombe lanciate da aerei che talvolta raggiungono le 2000 libbre (1000 Kg) di peso con una forza dirompente tale da polverizzare un rione intero, millantando che sia una un’azione militare “chirurgica”, sarebbe come dire che si possa fare una appendicectomia con un “machete”.

In questo scenario gli attori non sono tutti uguali negli atti ma hanno la stessa responsabilità morale. Ecco allora la prima stratificazione della vigliaccheria: chi ha pianificato, chi ha dato l’ordine, chi lo ha eseguito e chi ha voltato lo sguardo da un’altra parte.

I missili balistici pongono una distanza così grande tra chi guida l’atto ostile e chi lo subisce da attenuare ogni moto di coscienza. “Occhio non vede cuore non duole”.

Questo è il caso dei piloti militari che, pur essendo assistiti da sistemi di puntamento e lancio, non sono meno condannabili in quanto sono perfettamente coscienti del loro target. Essi sanno quello che fanno, sia con i danni diretti si con quelli collaterali. Evidentemente li accettano, gli danno un significato (ideologico) che possa attenuare i rimorsi di coscienza qualora esistessero.  Essi sono l’ultimo anello di una catena di vigliaccheria.

Peggio ancora i piloti di droni. Mentre i piloti di bombardiere tutto sommato corrono i rischi di una contraerea (molto più in Ucraina che in Cisgiordania e Gaza), i piloti di droni esprimono il loro “coraggio” dentro un container climatizzato, con la macchina del caffè a disposizione, una comoda poltrona e un monitor per condurre micidiali azioni di guerra come in un videogioco. Loro sanno perfettamente (perché lo vedono sul monitor) dove si andrà a schiantare il loro UAV (Velivolo senza Pilota). Certo un conto è un carro armato e un conto è un palazzo residenziale: nel primo caso è perizia nel secondo è pura codardia.

Per non parlare delle criminali vessazioni sui civili e di truce violenza da parte di soggetti in divisa.  Che vergogna! Non c’è motivazione valida che possa giustificare questo gesto ignobile perpetrato da soldati.

Questo è ciò che sta avvenendo a Gaza e in Ucraina anche con modalità di scontro completamente diverse. Ma poiché nel titolo ho voluto sintetizzare un percorso, attorno allo scenario bellico (o di scontro) c’è una platea di spettatori non meno colpevoli, pur se chiamati in causa in maniera diversa.

In questo contesto si apre un secondo scenario di pari viltà. C’è la platea di coloro i quali aizzano lo scontro da lontano infiammandolo senza sporcarsi le mani di sangue. Una sorta di bellicosità da “bar dello sport”, sostenuta da argomentazioni ideologiche e talvolta con subdole mire di un business all’orizzonte. Anche questa è vigliaccheria.

A livello geopolitico sussistono varie modalità pusillanimi di girare intorno allo scontro. Il primo consiste nel girare le spalle in modo pilatesco, valutando in maniera diversa gli scenari giustificando o condannando secondo un’abietta e losca ideologia (o interesse). In alcuni Paesi Europei, uomini di cultura e politici che contano, stanno facendo proprio questo. Mentre strepitano per i bombardamenti Russi sull’Ucraina, ignorano scientemente il genocidio a Gaza, mostrando così la loro anima vile. Oppure mostrando una pietà pelosa che serve solo a tacitare la coscienza e l’immagine a livello internazionale.

Per concludere posso dire che l’intera società occidentale è oggi intrisa di vigliaccheria fin dalle giovani generazioni con il dilagante fenomeno del bullismo. Frutto spesso di una colpevole diseducazione o, peggio, di colpevole educazione alla violenza proprio all’interno della famiglia. Il giovane bullo è innanzitutto una persona devastata dall’insicurezza e dalla paura che esorcizza perseguitando e violentando gli altri. Anche questa è vigliaccheria! Un contesto di codardia che si allarga agli spettatori che pur non partecipando direttamente sostengono la violenza e ne godono.

Per non parlare dei femminicidi e della violenza domestica cui si fa fatica a dare una spiegazione e che però possono essere inclusi tra i più abietti gesti di sopraffazione. Il violento si illude di essere forte mentre alla fine è solo un vigliacco: lo dimostrano i suicidi che seguono al primo crimine.

In conclusione, poniamoci la domanda: come possiamo definire questo momento storico soprattutto nella civiltà occidentale? Un’epoca debole e vigliacca. Non solo, ma addirittura capace di esaltare i disvalori quali, il potere, il possesso, lo sfruttamento dell’altro meglio se più debole, configurando questo tempo in quella che non faccio fatica a definire: neo-parbarie!