PAPA LEONE XIV: RERUM NOVARUM AD INTRA ECCLESIAM?

da | Mag 15, 2025 | BLOG

PAPA LEONE XIV: RERUM NOVARUM AD INTRA ECCLESIAM?

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All’elezione di un nuovo Papa inevitabilmente emerge nel mondo cattolico, ancora di più se è una figura non molto conosciuta, la seguente domanda: quale sarà la caratteristica del suo Pontificato? In ordine a ciò: quali le aspettative di chi vive la propria fede con un profondo senso ecclesiale?

Già dalle prime apparizioni pubbliche si intuisce che nell’animo del Santo Padre ci sia questo progetto adeguato ai segni dei tempi attuali e alle sfide su cui puntare l’attenzione fra cui la pace e la AI.

Sono pienamente d’accordo sull’attenzione agli argomenti per le sollecitazioni etico-scientifiche che suscitano, tuttavia in questo breve scritto quale personale risonanza, mi permetto da figlio fedele della Chiesa Romana, di cui il Santo Padre è il Vescovo, una personale riflessione e auspicio.

Quale Diacono Permanente Il Signore ha voluto che in questi ultimi trent’anni di vita fossi impegnato in una vigna speciale che mi ha reso “cireneo” del cuore addolorato della Chiesa di Cristo nel seguire le tristi vicende che hanno segnato profondamente il suo volto rendendola “Santa e ferita”.

Per la scelta del nome Papa Leone XIV, è ormai conclamato, che si  sia ispirato al Magistero di Leone XIII nell’Enciclica diventata una pietra miliare del Magistero Sociale della Chiesa, la Rerum Novarum (15 maggio 1891). Essa fu emanata per contribuire a rinnovare la società abbrutita da una visione sacrilega del lavoro e della giustizia sociale in un momento storico in cui la povertà si coniugava con gravi ingiustizie e prevaricazioni.

Con questo dato storico nel cuore mi è venuto spontaneo immaginare che nell’animo di Papa Leone XIV vi fosse un recondito e analogo progetto finalizzato a continuare la linea ideale del suo predecessore e nello stesso tempo (è un mio pensiero!) desiderare una Rerum Novarum ad intra Ecclesiam mirata ad un rinnovamento profondo e radicale della vita interna della Chiesa, in tutte le sue componenti: dai Pastori al Popolo di Dio. Se fosse vero ci sarebbe una santa continuità non solo con Papa Francesco, ma anche con San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.

Dobbiamo essere sinceri, l’opera nel cuore di questi tre grandi Papi non ha ancora visto il suo pieno compimento. Purtroppo continuano ad aprirsi dolorose crepe frutto di sottovalutate smagliature che continuano a gettare ombre sulla Chiesa intera.  E allora che fare? Cosa aspettarsi da questo nuovo Pontificato?

Mi permetto infine di esprimere un auspicio che contiene una traccia programmatica.

Un primo punto concerne la filiera vocazionale: il discernimento, la formazione iniziale e a seguire la formazione permanente.

Una profonda debolezza contraddistingue ogni fase, lo dicono non solo gli addetti ai lavori, ma anche gli Ordinari e i Superiori Maggiori. Un coro fuori onda ha espresso più volte la consapevolezza che la modalità della cura delle vocazioni, retaggio di un passato ormai obsoleto è inefficace, non segue i segni dei tempi. Purtroppo, non essendoci, in apparenza, alternativa ai Seminari, ci si è limitati ad operazioni di debole maquillage che non rafforza i criteri radicali del discernimento (remoto e prossimo) e lascia inalterato il fragile tessuto umano e spirituale del clero in divenire. In tal senso il mio sogno è che nella strategia della Rerum Novarun ad intra di Papa Leone XIV, prendendo in mano con vigore le redini della questione, avvii la riforma di una Ratio Formazionis fondata su modelli nuovi per la formazione dei futuri preti, alternativi a quelli vigenti. Luoghi e proposte centrate sulla concreta conquista di tutte le Virtù Cardinali, perfetto crocevia tra la maturità umana e la maturità ecclesiale. Il luogo e la proposta di stile di vita devono essere armonici e coerenti con la missione pastorale a cui il seminarista è destinato, nonché a contribuire a uscire dalla virtualità dell’esperienza di seminario come è stata fino ad ora. Propedeutico a tutto è aiutare i giovani a fare verità dentro sè stessi, senza sconti di sorta. Sant’Agostino insegna che ciò non è solo possibile ma imprescindibile. Far verità dentro s stessi significa avere la responsabilità di quale “farina” si offre agli educatori e di essere il primo mattone fondativo del percorso formativo. Cento menzogne non fanno una sola verità!

Il secondo  cantiere che desidero sia aperto dal Santo Padre è quello di una sinodalità che sia meno esperienza sociologica e più basata sulla forte corresponsabilità di tutti i membri della Chiesa in particolare quella dei Ministri Ordinati. La povertà della fraternità tra i Chierici (in tutti i gradi), nella mia esperienza di trincea, è all’origine di tante cadute e disgrazie dei singoli. La tunica di Cristo è l’icona della Chiesa forte e profetica. Sappiamo che quella che può sembrare gradevolmente estetica, anche se composta da preziosi rappezzi, è suscettibile di strapparsi nei punti più imprevedibili.

Il Santo Padre è come un Generale. Ma anche un Generale geniale senza uno Stato Maggiore ed un Quadrato Ufficiali forte, sa che il successo dipende dalla loro perizia e preparazione e consapevolezza che la vita dell’uno è legata alla vita dell’altro.  La debolezza di pochi può pregiudicare mortalmente il successo della missione. L’auspicio è che si metta mano ad una compartecipazione adulta delle responsabilità per una visione sinodale fondata sulla fraterna Comunione, cementante il Corpo della Chiesa, mirata al conseguimento del fine escatologico, cuore del cammino verso la salvezza.

Il terzo e ultimo punto è quello più delicato e forse più doloroso: la verifica dell’idoneità dei Membri del Clero a ricoprire l’incarico per il quale hanno ricevuto il dono dell’Ordinazione. Nel passato, a tal proposito, pur avendo preso atto delle gravi deficienze, si è cercato di mettere rimedio con ammonimenti sempre più severi, spalmati però indifferentemente su tutti i presbiteri sia quelli forti che quelli colpevolmente infedeli. Questa discutibile strategia pedagogica ha avuto il risultato, che ho costatato personalmente, di mortificare i primi e favorire il nascondimento dei secondi, attenti ad evitare di essere scoperti più che cambiare il loro scellerato stile di vita. A questo proposito mi permetto, per esperienza, di distinguere la compagine i tre grandi gruppi: i forti, i claudicanti e i maliziosi.

La futura strategia, che chiamo pastorale speciale (ovvero quella rivolta ai pastori), dovrebbe mirare a rinforzare l’identità dei “forti” sollecitandoli ad una fraterna presenza verso i claudicanti per infondere loro fiducia rispetto alla soluzione delle personali fragilità.  Ai claudicanti a non perdere la fiducia nella Chiesa. Per i maliziosi il discorso si fa più severo. La malizia è un bubbone malefico fin dal tempo del seminario. Abbiamo potuto costatare spessissimo che in questi soggetti la struttura vocazionale (sacerdotale) o è debolissima o è inesistente, perciò refrattaria ad ogni azione correttiva. Mentre invece riescono efficacemente a contaminare il tessuto buono mettendo innanzitutto nel mirino i claudicanti. Diventa perciò urgente trovare processi anticorpali (da inserire in una futura Ratio Formationis e Modello di Formazione Permanente), per strutturare un sistema immunitario psicologico-spirituale che riesca ad arginare questo fenomeno.

Sono convinto che Papa Leone XIV, animato dello spirito profetico di Papa Leone XIII, potrà lasciare l’eredità del suo Pontificato legata al cambiamento interno della Chiesa tanto desiderato da tutti e che il Popolo di Dio si attende dai suoi Pastori.